Tracce disseminate
a cura di Ivana D’Agostino


PICCOLA | MEDIA | ORIGINALE

PICCOLA | MEDIA | ORIGINALE

PICCOLA | MEDIA | ORIGINALE

PICCOLA | MEDIA | ORIGINALE
 
 
 
 
Perugia, Palazzo dei Priori
dal 17 al 29 febbraio 1996
 
Teresa Pollidori
Tracce disseminate

Le origini dell'attuale ricerca artistica di Teresa Pollidori denun­ciano la loro primigenia fonte ispirativa - come peraltro spesso avviene nell'iter di numerosi artisti senza per questo volerlo considerare quale tratto evolutivo preminente - da sperimentazioni intraprese in prece­denza, da modelli di riferimento in qualche modo da lei già indagati, riaffioranti successivamente quasi a sancire una cifra riconoscibile, una specie di marchio di autenticità apposto indelebilmente dall'artista alle sue opere.
E' un pò come tornare sul luogo del delitto su cui già si erano rilevate tracce riconoscibili. La disseminazione dei segni sul territorio culturale e la decodifica dei significati che gli si correlano consente nel tempo la ricucitura di orditi e trame capaci di riconsegnare leggibile, nel suo insieme, il complesso processo evolutivo oggetto del nostro interesse.
Ed è cosi, in questa proiezione, che si giustificano i numerosi disegni, esercizi grafici di Teresa ricchi di tensioni surrealistico meta­morfiche: automatismi psichici che attraverso il segno già dall'82 le consentivano il recupero di un inconscio reso leggibile in forme transu­stanziate, indefinite, germinative, mutanti come lo sono le sirene, i vampiri, le crisalidi. Riprese oggi, quest'ultime, sotto forma di Bozzolo deil'autogenerazione.
La Pollidori a tutt'oggi rispetto a ricerche intraprese in prece­denza - seppure muova da quelle come si è detto - dà corpo a forme scultoree complesse. Dalla superficie del disegno attraverso la scultura è passata all'interazione con l'ambiente. Positivo e negativo, matrice e copia combaciano nel Bozzolo per autoriprodurre all'infinito immagini tridimensionali ripetibili in rapi-da successione attraverso un processo di clonazione parossistica, che nella serie illimitata vanifica, annullandolo, il significato dell'immagine replicata.
II volto che si ripete quasi ossessivo come una maschera funera­ria che immobilizza i tratti di un viso giovanile in una fissità cimiteriale, traccia il percorso di un'architettura ambientale voluta dall'artista come un susseguirsi cadenzato di Cippi funerari: emblemi significanti di un percorso catartico personale, che attraverso la riflessione memoriale, la sua consegna alla storia mediante icone stereotipate, e attraverso la ritualizzazione e la celebrazione della morte, vuole fortemente rigene­rare la vita.
II riconoscimento delle tracce disseminate sul personale territo­rio culturale della Pollidori si accresce così di nuovi dati. La catarsi, il rito della purificazione che consente la rinascita non può che passare attraverso la morte, l'annullamento. Solo così è istituita ancora, in un ripercorrersi infinito, la circolarità conchiusa del ciclo vitale: nascita, vita, morte, rinascita.
E a questo rituale catartico affrontato come evento iniziatico di un'in­dividua liturgia culturale da percorrere fino in fondo, si legano anche le altre sculture esposte in questa mostra.
Architettura/scultura conchiusa, definita nei suoi volumi, rinser­rata come un luogo di compressione. Tuttavia capace di riflettere la testa scultorea - ancora una volta tesa nell'ennesima ripetizione di un simbolo a renderlo indelebilmente riconoscibile prima della sua defini­tiva cancellazione -, collocata nel centro della forma plastica, sulle superfici di rame specchianti delle lastre poste lateralmente. Qui in Poliedro, evidentemente, è di nuovo soddisfatto il principio autocele­brativo attraverso la formula dell'immagine sdoppiata, che ripetendosi riflessa evidenzia ancora una volta l'ambiguità sottile del discrimine non sempre tangibilmente coglibile tra vero e falso.Vero e falso ritornano ancora in Narciso, scultura in cui la Pollidori inverte il tradizionale rapporto tra l'immagine riflessa e il volto del mitico personaggio greco capovolgendolo, ovvero collocando il doppio riflesso del volto di Narciso superiormente, corroso e decompo­sto come una Vanitas seicentesca.
Teatralizzazione della morte fisica e spirituale, spettacolarità di una messa in scena tra autocelebrazione - quanto mai opportuna per Narciso - e sontuosità barocca. Eppure quanto rigore neoclassicamente concettuale emerge da queste sculture, le cui superfici sommessamente tonali e opache dichiarano bandita la festa per gli occhi del colore. Emersione della materia come forza germinativa timidamente affiora attraverso la crettatura che taglia verticalmente il Fossile. Segno, questo, nella mappatura delle personali tracce riconoscibili di cui si è detto di Teresa, già percepibile come qualcosa di nuovo, indicativo di una mutazione il cui ciclo ormai percorso fino in fondo, consente ades­so la rigenerazione.
Nello studio dell'artista già compaiono infatti modellini in scala di sculture che si intuiscono imponenti, progettate per mostrare filtrata la luce attraverso apposite fessure.

Roma 12 dicembre 1995                                                                         Ivana D’Agostino